Eppure c’è qualcosa che non va
Sto scrivendo questa mio articolo la sera di domenica 4 dicembre (e per libera
scelta prima di mercoledì 7...) e ho ancora davanti agli occhi le immagini
dell’esultanza dei giocatori della Roma a Genova, è già,
perché si è vinto con la Samp e questo risultato ha dell’incredibile.
Ma lasciamo per un attimo «la gloria» di una grande vittoria e
tomiamo indietro di una settimana, perché quello che vorrei cercare
di dirvi si riferisce a Roma-Torino.
Ultimo atto di un qualcosa che la vittoria di Genova ha reso ancora più
confuso.
Si è perso 3 a 1, ma non è la sconfitta in sé che brucia
(troppe ne ho viste e di più clamorose) anche se devo riconoscere che
col Toro accadono cose sempre molto strane, vedi lo 0-2 di molti anni fa...
Non è la sconfitta in sé dicevo, ma il vedere certe cose che
fa male dentro, insomma, cosa c'è che non va?
Siamo tifosi va bene, siamo abituati a tutto, ma non abbiamo gli orecchini
al naso come qualcuno crede, ‘sta squadra non va, ci sono problemi con
l’allenatore, i giocatori non rendono come dovrebbero, di alcuni non
si comprende la presenza in campo, troppe espulsioni sinonimo di un certo
nervosismo e per ultimo risulati altalenanti che comunque rappresentano il
termometro di un chiaro malessere.
I risultati ovviamente rendono bene l’idea di quale sia il rendimento
di una squadra, ma ancor più dei risultati, che spesso non sono lo
specchio esatto di una partita, conta ciò che si vede, se c’è
gioco o no e se c’è voglia di essere da Roma o meno.
Quello che abbiamo visto fino ad oggi ci autorizza a far sentire, forte e
chiara, la nostra totale insoddisfazione.
Il breve riassunto fino ad oggi, ci fa vedere l’uscita dalla Coppa Italia,
allucinanti prestazioni in campionato ed anche in Coppa Uefa non si è
scherzato, anche se non possiamo dimenticare le soddisfazioni dei due passaggi
di tumo, come non dobbiamo dimenticare però che è stata solo
la Roma a rendere grandi due squadre, il cui tasso tecnico non è certo
dei più elevati.
Roma-Torino, uno sfacelo, una domenica non da dimenticare, perché non
è chiudendo gli occhi che si risolvono i problemi, ma da ricordare
affinché certe cose non accadano più, oppure se proprio devono
continuare a verificarsi che avvengano davanti a curve e tribune vuote.
E non è con la puntuale contestazione contro i soliti personaggi che
si risolve la faccenda.
Anche perché il sig. Manfredonia, che non gode delle mie simpatie...,
è sicuramente il meno colpevole, e mi duole dirlo, è da esempio
per l’impegno che ogni domenica fa vedere, a differenza di altri giocatori
apparentemente più legati di lui alla sacra maglietta, ma che nella
realtà per la testa hanno altre cose.
Domenica era giusto contestare perché noi tifosi abbiamo il diritto
di farlo, ma il dissenso deve essere totale e non toccare, come al solito,
solo due ben note persone.
Non ci sono solo due capri espiatori, ma ricordo a chi mi legge, e non solo,
che in campo, almeno fisicamente, scendono 11 giocatori, che poco distante
sulla panchina siede un allenatore e che tutti, in egual misura, sono responsabili.
Noi abbiamo dimenticato troppo in fretta la vicenda Eriksson, forse perché
amiamo ricordare solo quello che ci fa comodo, ma amici miei, li sig. Eriksson,
al quale va sempre la mia profonda stima, ha dovuto mandare giù bocconi
amari, e se alla fine è stato costretto ad andar via, questo è
avvenuto grazie al comportamento poco sportivo e per niente professionale
di alcuni dei nostri eroi.
E non riesco a capire davvero il significato di certi proclami del tipo: “contiamo
sull’appoggio dei nostri impareggiabili tifosi, oppure: la curva 12°
giocatore in campo”, e mi sembra fuori luogo l’applauso che spesso
i giocatori ci dedicano all’uscita dal campo o il lancio di alcune magliette
tra il pubblico nelle occasioni più evidenti!!
12° in campo la curva?
Di più ragazzi, molto di più, noi abbiamo cantato non solo nella
vittoria, dove tutto è più facile, ma soprattutto nella sconfitta,
dove lo sconforto ti spacca il cuore.
Quelle 5.000 presenze a Corno dopo il disastro Lecce, sono state la testimonianza
più bella di un amore che è più forte di ogni avversità,
Chi è mancato all’appuntamento non è stato mai il tifoso
che ama la squadra e verso la quale dimostra doti di pazienza davvero inverosimili,
ma la squadra che evidentemente si ricorda del tifoso di curva solo quando
serve davvero.
Il dare e l’avere sul piatto della bilancia devono segnare uguale peso,
il rispetto, quello in particolare, è fondamentale in ogni rapporto
che si conosca, senza il quale tutto scade a burletta.
Nessuno pretende che il giocatore debba amare il tifoso come il tifoso (sigh!!)
ama i diversi giocatori, ma che almeno come minimo ringraziamento per tutto
quello che abbiamo fatto e che continueremo a fare, ci sia il rispetto, molto
più importante di un applauso di circostanza o di un paio di magliette
lanciate in curva.
E per finire vorrei ringraziare Antonello Venditti.
Il suo concerto di Milano, che ho avuto la fortuna di vedere in televisione,
mi ha fatto bene, molto più della vittoria di Genova.
Vederlo li in territorio «ostile», accompagnato dal calore della
gente, osservare con infinito piacere tutte quelle sciarpe giallorosse è
stato bello.
Grazie Antonello, il tuo messaggio musicale, la tua fierezza di sentirti romano,
la tua voglia di portare Roma ovunque, dovrebbe essere da esempio.
Un orgoglio che non ha bisogno né di strigliate tra quattro mura, né
di ultimatum dopo una vergognosa sconfitta casalinga, per vincere una partita.
Quei due colori per noi sono sacri e chi li porta addosso deve difenderli
con il cuore e con l'orgoglio di rappresentarci. Sempre!!
Stefano Malfatti
Cornmando Ultrà Curva Sud
Vecchio Cucs
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